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Plastic e Sugar tax rinviate al 2027 nella Manovra 2026: cosa cambia davvero

Il Governo ha ufficializzato, all’interno della Manovra di Bilancio 2026, il rinvio dell’entrata in vigore di Plastic tax e Sugar tax al 1° gennaio 2027, segnando l’ennesimo slittamento per due imposte simboliche della transizione ecologica italiana.
Il Documento Programmatico di Bilancio 2026, presentato a metà ottobre, proroga infatti la sospensione fino al 31 dicembre 2026, con attivazione dal 2027. L’intervento, inserito nell’articolo 29 del disegno di legge di bilancio, comporta un mancato gettito per lo Stato stimato tra 385 e 400 milioni di euro. In particolare, la Plastic tax, che prevede un’aliquota di 0,45 euro per chilogrammo di plastica monouso (MACSI), avrebbe dovuto generare circa 350 milioni di euro annui, mentre la Sugar tax, applicata alle bevande analcoliche edulcorate (10 euro per ettolitro per i prodotti liquidi e 0,25 euro al chilogrammo per quelli in polvere), avrebbe assicurato ulteriori 30-50 milioni di euro. Entrambe le misure, introdotte con la Legge di Bilancio 2020 (n.160/2019), sono state più volte rinviate: per la sola Plastic tax si tratta ormai dell’ottavo slittamento consecutivo.

Il Governo giustifica la decisione con la necessità di tutelare la competitività del sistema produttivo in un momento di costi ancora elevati e domanda in rallentamento, evitando impatti sui listini al consumo e sulla dinamica inflazionistica. Il differimento concede inoltre alle imprese tempo per adeguare impianti, processi e packaging alle nuove norme europee del Packaging and Packaging Waste Regulation (PPWR), che ridisegneranno il quadro degli imballaggi sostenibili nei prossimi anni.
Le associazioni industriali del comparto plastico e del beverage accolgono positivamente la proroga, definendola una misura di respiro finanziario utile a preservare investimenti e occupazione. Una proroga che lascia immaginare la possibile totale cancellazione delle due previste imposte.

D’altra parte, economisti e ambientalisti evidenziano i limiti del rinvio. Da un lato, le casse pubbliche perdono circa 400 milioni di euro nel 2026, risorse che avrebbero potuto contribuire alla copertura di altre misure della manovra o a politiche ambientali. Dall’altro, il rinvio indebolisce il segnale di responsabilità ambientale e rallenta la spinta verso la riduzione della plastica monouso e del consumo di zuccheri, obiettivi centrali dell’Unione Europea. Si rinvia così, di fatto, l’incentivo economico a orientare imprese e consumatori verso modelli più sostenibili.

In sintesi, la Manovra 2026 offre un anno di tregua alle aziende, ma sposta anche più avanti il momento della verità: il 2027 sarà il vero banco di prova per capire se l’Italia sarà pronta ad applicare queste imposte o deciderà per la definitiva cancellazione.

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