Napoli: i dipendenti comunali chiedono lo stop alla Coca-Cola nei distributori

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Napoli: i dipendenti comunali chiedono lo stop alla Coca-Cola nei distributori

Come riporta Il Corriere, a Napoli si è acceso un dibattito che interessa anche il mondo della distribuzione automatica. Oltre 120 dipendenti del Comune hanno sottoscritto in 24 ore una petizione destinata al sindaco e all’amministrazione, con una richiesta chiara: escludere i prodotti a marchio Coca-Cola dai distributori automatici presenti negli uffici comunali.
L’iniziativa è motivata da ragioni simboliche e politiche: i promotori la presentano come un gesto di solidarietà verso le comunità palestinesi, in linea con la campagna internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni). Il testo della petizione sottolinea che nei luoghi di lavoro “un gesto semplice” può diventare “un segnale forte e inequivocabile all’esterno”.
La petizione sarà formalmente consegnata oggi, giovedì 25 settembre alle 13:30 in Piazza Municipio, davanti al Comune, con la partecipazione dell’assessore al Welfare Luca Trapanese.

Se l’amministrazione comunale dovesse accogliere la richiesta, assisteremmo a un precedente rilevante: la rimozione di un grande marchio, provvedimento che coinvolge da vicino il settore del vending, dove le scelte di assortimento sono strategiche, soprattutto quando si tratta di brand di grande attrattività per i consumatori. Inoltre, la pressione simbolica e politica verso determinate scelte di consumo potrebbe influenzare anche altri enti locali in ambito pubblico.

Non è del tutto nuovo che amministrazioni locali valutino restrizioni su bibite gassate o particolari brand nei luoghi pubblici, ma di solito la richiesta ha motivazioni salutistiche.
Sebbene pienamente a favore della causa palestinese, ci chiediamo perché tra tanti canali distributivi, a rimetterci sia sempre il Vending.


Perché Coca-Cola? Non esiste un legame “ufficiale” tra Coca-Cola Company e il governo israeliano, ma il marchio è spesso citato nelle campagne di boicottaggio internazionale.
Ecco alcune motivazioni che chiariscono i rapporti e le critiche riguardo al legame tra Coca-Cola e Israele / territori occupati:
  • The Central Bottling Company (CBC), Coca-Cola Israel
    CBC è l’azienda che detiene l’esclusiva della licenza Coca-Cola in Israele: produce, distribuisce e commercializza marchi come Coca-Cola, Sprite, Fanta, FUZE, Kinley nel Paese. 
    Tramite sue controllate, CBC opera anche in Atarot, una zona industriale situata in Gerusalemme Est, considerata insediamento illegale da varie fonti internazionali.
  • Operazioni su territori contesi
    La presenza industriale di CBC / Coca-Cola in insediamenti come Atarot è spesso citata da ONG e campagne di boicottaggio come una forma di complicità con l’occupazione dei territori palestinesi. Alcune fonti affermano che CBC distribuisca anche da centri nella Gerusalemme Est occupata.
  • Critiche, boicottaggi e BDS
    Il movimento BDS (Boycott, Divestment, Sanctions) include Coca-Cola nella lista delle aziende “boycottable”, sostenendo che il brand e la sua filiale israeliana supportino indirettamente l’occupazione.  Campagne internazionali segnalano che l’operato di Coca-Cola / CBC contribuisca al versamento di tasse allo Stato israeliano, uso di territori contestati e sfruttamento di risorse locali in contesti di disuguaglianza territoriale.
  • Collaborazioni recenti
    Un’attuale iniziativa commerciale vede la collaborazione tra CBC e la startup israeliana SOLVEAT per sviluppare bevande “funzionali” (con erbe, benefici per la glicemia) vendute tramite la rete CBC.  Questo conferma che CBC non è solo un semplice imbottigliatore ma un attore attivo nell’R&D e nelle strategie di prodotto locali.
  • Quote di mercato e influenza locale
    Secondo fonti israeliane e analisi indipendenti, CBC detiene una quota dominante nel mercato delle bibite gasate in Israele: circa il 90 % del segmento cola e quote rilevanti su tè freddi e drink analcolici.

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