Sen. Gaetano Quagliariello: la transizione ecologica non è uno slogan da salotto

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Sen. Gaetano Quagliariello: la transizione ecologica non è uno slogan da salotto

L’editoriale di domenica 14 novembre della testata giornalistica online L’Occidentale, firmata dal senatore Gaetano Quagliariello – tra i fondatori del periodico – titola “Chi paga il costo della transizione ecologica?” riferendosi ad uno dei principali asset su cui il nostro Paese è chiamato a costruire la crescita dei prossimi anni.
Per le sue riflessioni, il senatore Quagliariello trae spunto dalla sua partecipazione da parlamentare all’assemblea di una organizzazione di categoria, che non specifica, ma che noi sappiamo essere gli Stati Generali del Vending del 10 novembre scorso.

Assistendo al dibattito, alla luce della documentazione ricevuta sulle problematiche del nostro settore, la sua incidenza produttiva e occupazionale sul sistema-Paese e le istanze da esso rivolte al mondo politico e istituzionale, il senatore così si esprime:
Ho avuto conferma di un’idea che in me era già consolidata: la necessità che la cosiddetta “transizione ecologica” non diventi “transizione ideologica”, scaricandone interamente il peso sul sistema economico produttivo. Non solo perché sarebbe una scelta sbagliata e insostenibile, ma anche perché essa finirebbe col contraddire gli stessi propositi che si prefigge.

Entrando nel dettaglio, specifica:
Nella circostanza cui ho fatto cenno in premessa si partiva da una paletta per girare lo zucchero nel caffè distribuito da una macchinetta per l’erogazione automatica di cibi e bevande. Il nesso tra il divenire delle regole sull’impatto ambientale, la necessaria resistenza dei materiali alle alte temperature, la salute delle persone, i tempi di adeguamento tecnologico e la possibilità di sopravvivenza di un comparto industriale nel quale l’Italia è leader e che determina sviluppo e occupazione, ben esemplifica il fatto, purtroppo non scontato, che talune espressioni che occupano i nostri dibattiti dentro e fuori le aule legislative – come la “transizione ecologica”, per l’appunto – non sono slogan buoni per i salotti radical chic ma processi epocali che hanno un costo enorme che richiede valutazioni empiriche, gradualità, piani di ammortamento rispetto ai quali lo Stato non può chiamarsi fuori.

Da qui la consapevolezza che “la questione ambientale richiede un punto di caduta fra esigenze diverse e legittimi interessi in gioco. Interessi che – come dovrebbero tenere maggiormente in considerazione coloro che tendono a un approccio ideologico alla questione – si traducono in posti di lavoro, servizi, welfare, benessere sociale, sviluppo.

E conclude: “Se infatti non è economicamente sostenibile, la transizione ecologica è semplicemente non attuabile. Sono le imprese che per volumi e capillarità la rendono una realtà effettiva in tutto il Paese.
Se le imprese non lo fanno, se non riescono a farlo, semplicemente la transizione ecologica non ci sarà. Basti pensare alle norme sulla plastica usa e getta, sulla pastic tax, sulla etichettatura ecologica.
Insomma, comunque la si pensi sul tema ambientale, la transizione passa dalle imprese e da loro non si può prescindere.
A meno che, a furia di inseguire le semplificazioni di opposto segno, si finisca col passare dalla transizione ecologica alla transizione ideologica, rispetto alla quale l’unico antidoto resta quello del “conoscere per deliberare”, della scelta consapevole, della valutazione competente, che nei processi legislativi è oggi altamente deficitaria e della quale c’è invece un assoluto bisogno.

È ciò che il nostro Settore insegue da tempo, ovvero che chi è chiamato a deliberare, conosca, compia una scelta consapevole, valuti con competenza, una competenza che si può acquisire solo mettendosi all’ascolto delle imprese sulle quali ricadono le loro decisioni, affinché queste non ricadano sull’intero Paese.

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