L’allarme di Mineracqua: il prezzo dell’acqua in bottiglia rischia di aumentare

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L’allarme di Mineracqua: il prezzo dell’acqua in bottiglia rischia di aumentare

I prezzi delle bottiglie d’acqua potrebbero aumentare se i rincari legati alle materie prime e all’energia dovessero continuare, con il rischio, concreto, che alcune delle 300 etichette italiane possano uscire dal mercato.
A lanciare l’allarme è Ettore Fortuna, vicepresidente di Mineracqua, la Federazione che all’interno di Confindustria riunisce il 70% del mercato italiano di acqua minerale, per un giro d’affari totale pari a 2,9 miliardi di euro.

La nostra preoccupazione non è il mercato – spiega Fortuna all’Adnkronos -. Siamo preoccupati per i costi di produzione. Tutto è rincarato in maniera insostenibile, a partire dal gas metano, aumentato del 417%. Anche il Pet utilizzato per bottiglie ha subito un aumento del 92%, così come la carta, con un prezzo raddoppiato, per non parlare del legno per i pallet salito del 108%, o dei trasporti, aumentati del 20%. Non solo siamo di fronte a costi enormi ma anche di fronte alla circostanza che il materiale non c’è”.

Tuttavia, questa necessità di adeguare i prezzi con il forte incremento dei costi, si ridurrebbe poi al livello di un centesimo in più. La nostra sfida è prezzi bassi e volumi alti. Ma se i prezzi non sono competitivi e vengono meno i volumi allora abbiamo difficoltà a stare sul mercato”. “Già nel dicembre scorso Mineracqua ha lanciato l’allarme che l’aumento dei costi delle materie prime, dei materiali e trasporti li stava mettendo in ginocchio “e con la guerra in Ucraina la situazione è peggiorata” fa notare Fortuna.

Ma le preoccupazioni della Federazione riguardano anche gli investimenti in atto e quelli legati alla sostenibilità. “Stiamo continuando a investire in sostenibilità e questi investimenti sono difficili da poter realizzare – spiega Fortuna – perché la situazione finanziaria delle nostre imprese è quella che è”. Nel frattempo, “al governo – ricorda Fortuna – abbiamo avanzato la richiesta di ridurre l’Iva. La nostra, al 22%, è abnorme rispetto all’Europa. In Francia è al 5,5% e se si riducesse già al 10% sarebbe un beneficio per il consumatore e darebbe ossigeno a noi e grossisti”.

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