Lo zaino di una studentessa coreana contro il no agli snack delle scuole di Udine

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Lo zaino di una studentessa coreana contro il no agli snack delle scuole di Udine

30-09-2014 – È del tutto casuale ma le due notizie circolano contemporaneamente sul web e diventa difficile non associarle:

Da una parte c’è una studentessa coreana, Christina Guan, che per inaugurare l’anno scolastico si è costruita uno zaino fatto di snack pubblicando sul suo blog il tutorial che spiega passo passo come realizzarlo. Chiestole il perché della sua invenzione, Christina ha risposto che il momento più importante della giornata scolastica è la ricreazione, quindi tanto vale arrivare preparati con patatine, bibite, merendine…
Questo la dice lunga sul punto di vista degli studenti a proposito dei veti che le scuole impongono sul consumo di snack e dell’imposizione di frutta e yogurt in sostituzione delle bandite ipercaloriche merendine. Ma la dice lunga anche su quanto gli studenti siano impreparati sull’argomento sana alimentazione ed incapaci di autoregolarsi nel consumo di alimenti troppo grassi o troppo ricchi di zuccheri.

Dall’altra parte ci sono le Aziende Sanitarie e le direzioni scolastiche che, piuttosto che dare sostegno a programmi educativi sull’argomento continuano a scegliere vie restrittive che possono facilmente innescare reazioni come quella eccessiva della studentessa coreana.  Ferma restando l’estrema facilità con cui si possono mangiare snack “non salutari” all’interno della scuola e nonostante i divieti: basta infilarsi in tasca una qualsiasi merendina portandola da fuori e mangiarla chiusi nei bagni della scuola!

E qui s’inserisce la seconda notizia che circola in questi giorni: duemila studenti delle scuole primarie della provincia di Udine a partire dal 13 ottobre riceveranno solo frutta, verdura, pane e yogurt, forniti a turno da genitori e mense scolastiche. È un patto con le famiglie, il “contratto della merenda” come è stato chiamato, che servirà a nutrire meglio gli studenti udinesi e che si intende estendere successivamente anche alle scuole secondarie.
È logicamente previsto il coinvolgimento dei gestori di distributori automatici che dovrebbero convertire le referenze presenti nelle macchine in cibi ipocalorici, frutta, yogurt e prodotti locali. In buona sostanza, quegli alimenti che inseriti già oggi “per contratto” o per buona volontà da alcune compagnie di gestione, finiscono per essere ritirati scaduti piuttosto che nello stomaco degli studenti.
Il discorso è complesso e coinvolge prima di tutto le famiglie e l’educazione alimentare che vi viene svolta. Non basta un divieto o un obbligo per contratto per cambiare gli stili di vita.
Come sempre, ciò che conta è il buon senso. La maggior parte degli snack prodotti dalle aziende alimentari rispettano i parametri nutrizionali, li mostrano e li dimostrano dandone informazione attraverso la comunicazione sul packaging e sui media.
L’atteggiamento negativo che si va diffondendo condanna e danneggia un intero comparto dell’industria alimentare, impegnato sempre di più nella direzione della qualità e della sicurezza dei suoi prodotti, soprattutto perché destinati per lo più ad un target giovanissimo.
È l’abuso che va condannato e regolato e per questo l’educazione deve partire dalla famiglia.

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